Il governo “tecnico” riesuma la legge APREA approvata “politicamente” da PD, PDL e UDC
Accade per la scuola ciò che questo governo sta proponendo per l’intera società italiana: le esigenze dell’impresa non vanno considerate interessi di parte, ma vanno assunte come interessi collettivi. Noi non abbiamo dubbi: le imprese porteranno dentro le nostre scuole gli interessi legati ai loro profitti e primariamente alla formazione della forza lavoro che invece dovrebbe essere svolta dalle imprese e a spese delle imprese; la scuola ha tutt’altre finalità, finalità collettive e costituzionali.
Leggete con attenzione, e parlatene con i vostri colleghi, perché in un silenzio complice si sta stravolgendo la funzione sociale della scuola pubblica italiana. Ecco cosa è stato deliberato e sarà portato all’approvazione del Parlamento:
1) Consiglio dell’Autonomia: oltre a docenti e genitori, due esponenti provenienti dalle “realtà culturali, sociali, produttive, professionali del territorio” potranno sedere nel Consiglio d’Istituto (ribattezzato Consiglio dell’autonomia) che potrà essere composto da un minimo di 9 a un massimo di 13 membri (escludendo il personale ATA).
2) Autonomia statutaria: ogni scuola dovrà elaborare il proprio statuto che regolerà “l’istituzione, la composizione e il funzionamento degli organi interni nonché le forme e le modalità di partecipazione della comunità scolastica” oltre a prevedere la possibilità con i 2/3 dei voti di modificare “lo statuto dell’istituzione scolastica, comprese le modalità di elezione, sostituzione e designazione dei propri membri.” Un vero e proprio Far West normativo dove lo Stato rinuncia addirittura a definire i contorni minimi della vita democratica della scuola italiana; si creeranno così, in modo irreparabile, scuole fortemente diversificate, finanche nelle loro forme gestionali;
3) Nucleo di autovalutazione: è un organismo completamente nuovo in cui converge tutta la follia valutativa e classificatoria che ormai da anni imperversa nel mondo della scuola (in primis INVALSI). Il suo funzionamento sarà disciplinato dal Consiglio dell’autonomia, ma su di esso la legge decide di mettere alcune rigidità, perché dovrà essere un organo centrale per il controllo di tutta la scuola, fin dentro le classi e l’attività didattica: potrà essere composto da 3 a 7 membri, designati dal Consiglio dell’autonomia su proposta del preside (gli staff di presidenza prenderanno ancora più potere dentro le nostre scuole), ma tra questi ci dovrà essere almeno un membro esterno esperto (???). Nonostante il nome, l’autovalutazione sarà ben indirizzata: il nucleo dovrà lavorare in raccordo con l’Invalsi e operare la propria valutazione sulla base “dei criteri, degli indicatori nazionali e degli altri strumenti di rilevazione forniti dall’INVALSI”; inoltre dovrà coinvolgere “gli operatori scolastici, gli studenti e le famiglie”, coinvolgimento che ricorda molto da vicino i questionari di gradimento che il MIUR sta sperimentando nei progetti in atto in alcune scuole italiane. I nuclei poi saranno affiancati da una valutazione esterna “realizzata secondo le modalità che saranno previste dallo sviluppo del sistema nazionale di valutazione”. Infine il nucleo di valutazione deve predisporre “un rapporto annuale di autovalutazione” che sarà reso pubblico in una “conferenza di rendicontazione aperta a tutte le componenti scolastiche ed ai rappresentanti degli enti locali e delle realtà sociali, economiche e culturali del territorio ”. Tutto ciò non è molto diverso dall’ultimo progetto sperimentale per la valutazione delle scuole (VaLES) che sta portando avanti il ministro Profumo.
4) Consiglio dei docenti: non cambia solo il nome, cambiano soprattutto i suoi poteri; il collegio viene sottomesso al Consiglio dell’autonomia: “Al fine di programmare le attività didattiche e di valutazione collegiale degli alunni, lo Statuto disciplina l’attività del Consiglio dei docenti e delle sue articolazioni” (commissioni, consigli di classe, dipartimenti); ma il Collegio perde anche l’autonomia didattica: infatti il POF dovrà essere redatto in base al Rapporto del nucleo di valutazione che “è assunto come parametro di riferimento per l’elaborazione del piano dell’offerta formativa e del programma annuale delle attività”: il legame tra didattica, quiz, ossessione valutativa sarà ineludibile, altro che libertà di insegnamento! Non sarà più possibile fare quello che molti di noi hanno fatto in questi anni di trasformazione: chiudere la porta della nostra classe e far finta che niente stia cambiando. Ora sarà coinvolto direttamente il nostro fare scuola quotidiano che dovrà rispondere agli standard individuati dai nuclei di autovalutazione.
5) Il preside: aumenterà i propri poteri e accentrerà su di sé prerogative che prima condivideva con altri organi, in primis con il collegio docenti. Il provvedimento prevede anche un rafforzamento della regionalizzazione e una riforma degli organi nazionali di rappresentanza.
Questo il commento congiunto di PD, PDL e UDC:“Con il varo della legge sull’Autonomia statutaria […] si compie un grande passo avanti per la scuola italiana dopo trent’anni di immobilismo […]. Sono i primi passi, ai quali dovranno seguirne molti altri, per far ritrovare alla scuola la fiducia nella propria forza e nel proprio ruolo nell’Italia di oggi”. La nostra generazione si è formata nella scuola della Costituzione, una scuola che, con tutti i suoi limiti, ci ha dato ieri gli strumenti critici per comprendere che oggi nel nostro Parlamento si sta affossando uno dei segmenti centrali della nostra società. Oggi abbiamo una responsabilità generazionale nei confronti dei nostri studenti e di coloro che verranno dopo di noi e dopo di loro: difendere la scuola della Costituzione, la libertà di insegnamento, difendere la SCUOLA BENE COMUNE!
Chi ha voluto l’impoverimento della scuola pubblica pensa di aver creato le condizioni per un consenso verso il finanziamento privato; si sbagliano: i tagli hanno rafforzato l’opposizione alla privatizzazione, come l’accelerazione sugli Invalsi ha rafforzato l’opposizione ai ridicoli quiz che pretenderebbero di misurare noi, i nostri studenti e il nostro lavoro.
Noi non ci stiamo: MOBILITIAMOCI!