di Stefano Livadiotti
E' la storia raccontata in una denuncia depositata nei giorni scorsi dai vertici dell'Inps alla procura della Repubblica di Roma in base all'articolo 331 del codice di procedura penale (riguarda l'obbligo di denuncia per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblici servizi che incappino in notizie di reato perseguibili d'ufficio).
Nel documento, 23 pagine ricche di tabelle, il più grande istituto di previdenza italiano punta l'indice sul mondo dei Caf, i Centri di assistenza fiscale che da sempre rappresentano uno dei polmoni finanziari delle grandi centrali sindacali (alimentate da una forma di finanziamento pubblico mascherato) e un canale privilegiato per la raccolta delle tessere di iscrizione. Secondo gli uomini del presidente dell'istituto, Antonio Mastrapasqua, i Caf truccano le carte quando compilano, a spese proprio dell'Inps, le domande per il calcolo dell'Ise e dell'Isee, gli indicatori che consentono ai cittadini meno abbienti di beneficiare di una serie di prestazioni agevolate a carico dello Stato (dall'assistenza domiciliare all'ospitalità nelle case di riposo, fino al contributo sulle spese di affitto e sulle bollette).
"Le anomalie riscontrate evidenziano", si legge nella denuncia, "che appare sussistente l'ipotesi di dichiarazioni strumentalmente costituite e presentate al fine presumibile di ottenere dall'Inps l'erogazione del relativo compenso previsto per i Caf autorizzati". In poche parole: un imbroglio in piena regola. Che allo Stato è finora costato di sicuro 2.114.341 euro e 80 centesimi (la cifra sborsata dall'Inps per le dichiarazioni farlocche) ma forse molto di più: per conoscerne la reale portata bisognerebbe infatti appurare se, grazie alle scartoffie taroccate, qualcuno abbia indebitamente beneficiato di agevolazioni pubbliche.
Un'accusa grave, quella dell'Inps. E che cade in un momento particolarmente delicato: sono infatti scadute nel 2010, e dunque in attesa di rinnovo, le convenzioni in base alle quali l'istituto di Mastrapasqua riconosce a 83 Caf di tutta Italia (a partire da quelli dellaCgil di Susanna Camusso, della Cisl di Raffaele Bonanni e della Uil di Luigi Angeletti) un importo compreso tra i 10 e i 16,5 euro per ogni dichiarazione compilata per conto di chi richiede benefici pubblici. Nel 2010 le pratiche intermediate dai centri di assistenza fiscale sono arrivate a quota 7.285.081 (6.670.685 nel 2009), per un importo pari a 110.332.320 euro (102.173.835 nel 2009). Un fiume di denaro che l'Inps, in base all'esito della denuncia, potrebbe anche decidere di rimettere in discussione. Al prezzo però di uno scontro violentissimo con i sindacati, forti della maggioranza assoluta nel Consiglio di indirizzo e vigilanza (oggi presieduto dall'ex segretario generale della Filt-Cgil, Guido Abbadessa), l'organo cui spetta mettere il timbro finale sul bilancio dell'istituto. Un modello che sembra fatto apposta per dare vita a un groviglio di interessi praticamente inestricabile. E il cui costo rischia di scaricarsi sui contribuenti.
Ad alzare il velo sul business dei Caf, da sempre chiacchierato ma finora mai oggetto di una vera e propria indagine, sono stati gli 007 dell'Inps inquadrati nella Direzione centrale ispettorato, audit e sicurezza-area analisi strategica, operativa e di intelligence antifrode. I segugi di Mastrapasqua si sono mossi sulla base di un preciso segnale d'allarme: negli ultimi tre anni il sistema informativo dell'istituto aveva intercettato 195.790 Dsu (Dichiarazioni sostitutive uniche) arrivate dai Caf di Campania, Sicilia e Calabria che costituivano semplicemente dei doppioni di altre pratiche e che di conseguenza erano state respinte al mittente e non pagate. A quel punto, sono state messe sotto osservazione tutte le Dsu presentate nel triennio 2008-2010 dai Caf delle tre regioni del Mezzogiorno: 8.768.876 dossier, pari al 43 per cento circa del totale nazionale. Il risultato dell'indagine ha fatto balzare sulla sedia i vertici dell'istituto.