Il 25 giugno si svolgerà l'assemblea annuale di Coop Italia, si approverà il bilancio, ma verrà ufficializzato anche un cambio dei vertici che era nell'aria da tempo e prenderà corpo un ripensamento alla strategia complessiva del mondo cooperativo. Sullo sfondo l'antica diatriba tra Coop emiliane e toscane con storie e modelli diversi.
L'articolo di Roberta Scagliarini sull'argomento ha dato lo spunto per un'approfondimento scritto per il blog da Mario FrauLe coop della Toscana e Unicoop Firenze alcuni mesi fa minacciarono di uscire da Coop Italia, un ritornello che a fasi cicliche ha caratterizzato da sempre i rapporti tra le coop emiliane e toscane.
Nei momenti di scontro sulle strategie i toscani minacciano di separarsi per creare una Centrale Acquisti separata, ma tutti sanno che non lo faranno mai. Troppe sono le ragioni che ostacolano tale scelta separatista. I toscani sanno bene che godono dei vantaggi della “massa critica” rappresentata dal consorzio nazionale per gli acquisti Coop Italia, poi ci sono le sinergie negli spot pubblicitari milionari, c’è la questione dei prodotti a marchio Coop che non potrebbero più utilizzare una volta fuori, infine c’è la comune militanza politica della stragrande maggioranza dei dirigenti apicali.
Ma allora perché si arriva a minacciare scissioni e scelte separatiste dal sistema Coop Italia? Le ragioni sono tutt'altro che marginali. In primis è che ci sono strategie e storie diverse tra le coop toscane, gli emiliani e il resto del movimento. Gli emiliani fanno sempre la parte dell’asso pigliatutto, lasciando ai toscani quasi sempre qualche briciola, come ad esempio la scelta delle sedi, che significano posti di lavoro e potere. Coop Italia e Unipol sono entrambe a Bologna, con alla testa due emiliani doc come il Presidente di Unipol Luigi Stefanini (ex segretario del P.C.I. Bolognese) e il Presidente di Coop Italia Vincenzo Tassinari, (di provenienza P.S.I. ) cresciuto all'interno del mondo coop emiliano. Ai toscani vengono riservati sempre ruoli subordinati se non proprio marginali, evidenziando un certo sciovinismo emiliano.
La spaccatura del 2005 sulla scalata alla Bnl portò il movimento cooperativo a separare i propri destini finanziari. Unicoop Firenze, guidata dall'inossidabile Campaini, scelse di rafforzare la propria presenza in Mps, su Unipol invece si concentrarono soprattutto le coop emiliane, altre ancora con presenze in alcune banche come la Carige (Coop Liguria), la Popolare di Spoleto (Coop Centro Italia) e la Popolare dell’Emilia Romagna (Coop Estense). Proprio in questi giorni, con le dimissioni di Tassinari da Presidente del Consiglio di Gestione di Coop Italia, si è consumato l’ennesimo scontro tra le cooperative toscane, quelle emiliane e del nordovest. Il contrasto verte su come affrontare la crisi, la perdita di clienti e di ricavi e su come gestire i rapporti con l'industria e i consumatori. Si tratta di uno divergenza di vedute che vede una divisione piuttosto netta tra i toscani e il resto del movimento che, prima o poi, sarà destinato a ricomporsi, magari concedendo spazi di autonomia alle strategie di Unicoop Firenze e delle altre coop toscane, come del resto è sempre accaduto.
Le figure storiche che dominano la discussione sono pezzi da novanta come Turiddo Campaini, 73 anni, da più di 30 anni a capo di Unicoop Firenze (dai tempi di Nixon, come ha precisato recentemente il sindaco di Firenze, Renzi), e Vincenzo Tassinari, 64 anni, da 25 presidente di Coop Italia, ora soccombente e dimissionario.
Questo il motivo centrale dello scontro strategico: secondo i cooperatori toscani guidati da Campaini la leva vincente per affrontare la crisi e le prospettive future sarebbe da ricercare nell'efficienza e nel presidio del territorio anziché nella centralizzazione e la dimensione aziendale (quindi meno centralizzazione delle strategie e più spazio invece all'autonomia di ciascuna cooperativa e di ciascun manager-presidente). E’ convinzione di Unicoop Firenze che di fronte all'impoverimento di vasti strati sociali della popolazione, le coop sono chiamate a svolgere un ruolo anti-inflattivo, cioè di calmierazione dei prezzi per tutelare un potere d’acquisto di soci e consumatori che si va sempre più assottigliando. Il problema di fondo è come realizzare un simile ambizioso obiettivo, visto che una parte rilevante del movimento cooperativo manifesta serie difficoltà competitive, con il margine operativo se non in rosso certamente molto risicato. L'unica che riesce a farlo con successo è Unicoop Firenze, che ha i prezzi più bassi di tutte le altre cooperative. E' inoltre la più grande coop Italiana, con quasi 3 miliardi di fatturato,da anni citata per la sua convenienza davanti ad Esselunga e con uno scarto rispetto alle altre Coop (dato certificato da una indagine di Altroconsumo). Forte di una leadership dimensionale e di prezzo, è circolata la voce che Campaini , negli ultimi mesi, aveva più volte minacciato la scissione da Coop Italia trascinando con sé le altre Coop Toscane e Umbre e ipotizzando di creare una propria centrale acquisti separata. Campaini aveva una grande fretta di cambiare strategia commerciale, a cominciare dal ridimensionamento degli ipermercati, da tempo in sofferenza per la crisi dei prodotti no food e per la concorrenza dei grandi specialisti. I grandi ipercoop che operano nel territorio toscano sono in corso di ridimensionamento, con l’abbandono dell'insegna Ipercoop, per essere trasformati in Superstore (il format vincente inventato dal temibile concorrente Esselunga di Bernardo Caprotti) di dimensioni più ridotte. E nelle altre cooperative cosa sta succedendo? Tale ricetta non verrà seguita dagli Ipercoop delle altre cooperative emiliane e del nord ovest, che continueranno a sviluppare gli ipermercati, dimostrando di credere ancora in quel format.
Una vera e propria scissione da parte dei toscani non è però ipotizzabile in quanto essa avrebbe un prezzo altissimo come, ad esempio, la perdita del marchio Coop e soprattutto dei prodotti a marchio Coop che da soli rappresentano il 25% del giro d'affari del sistema. Lo scontro è comunque destinato a durare.
Le dimissioni di Tassinari e la decisione di sostituirlo con il Presidente della Coop Nordest, Marco Pedroni rappresenta un indubbio successo per Campaini per due ordini di ragioni.
Ne esce sconfitta la strategia di Tassinari e di Dalle Rive di puntare ad un accentramento dei poteri e delle funzioni più importanti in Coop Italia a discapito della autonomia delle singole cooperative; esce perdente anche il disegno di realizzare nel tempo una unica grande Coop nazionale mediante un processo di fusioni (del resto il Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Coop Italia, Dalle Rive, che è anche Presidente di Novacoop, ha fallito propria a casa sua quando è abortito il disegno di unificare le tre coopdel Distretto Nord Ovest).
Esce invece vincente la strategia di Campaini che ha sempre ritenuto che la soluzione dei problemi di redditività che evidenziano le varie cooperative non si risolverebbe con il gigantismo e ha sempre puntato all'autonomia delle singole cooperative, alla flessibilità , alla valorizzazione del legame con il territorio, alla efficienza e alla competitività mediante politiche di contenimento dei prezzi.
La partita sulla strategia del sistema cooperativo è ancora tutta aperta, ma obiettivamente occorre riconoscere che Tassinari e Dalle Rive, fautori di una strategia di accentramento delle funzioni strategiche in Coop Italia, per il momento ne escono sconfitti e a goderne è Campaini. E ciò nonostante le disavventure sue e di Unicoop Firenze in MPS, che hanno comportato perdite colossali.
| ||||
Il nuovo ceo è considerato vicino a Cimbri, alla guida di Unipol Fonsai.
Niente integrazione tra i nove grandi gruppi per farne uno.
Il fronte del no.
Cambia il vertice della cooperazione italiana: se ne va uno degli uomini chiave del largo consumo nazionale e gli alti dirigenti del movimento serrano le file su una nuova governance.
Vincenzo Tassinari lascerà il suo incarico alla guida operativa di Coopitalia. Il manager emiliano non metterà la sua firma sull'inversione di strategia rispetto a quella visione unitaria che era stata formalizzata cinque anni fa, appena spente le braci della vicenda Unipol-Bnl, quando fu introdotta la governance duale in Coopitalia. Allora venne nominato un consiglio di sorveglianza presieduto dal piemontese Ernesto dalle Rive (Novacoop) mentre il consiglio di gestione fu affidato a Tassinari con la missione di centralizzare gradualmente tutte le funzioni commerciali delle coop per avvicinarsi al sogno di dare vita ad un campione nazionale della grande distribuzione.
Il progetto approvato da tutti, mirava ad integrare i 9 grandi gruppi degli scaffali mutuali per farne un solo soggetto con 13 miliardi di fatturato e 8 milioni di soci. Ma quel disegno è tramontato, le coop hanno deciso di fare marcia indietro e di ripartire da zero. Il compromesso sulla governance leggera, con cui Tassinari non è in sintonia, è il prezzo della tregua con i cooperatori toscani e con il loro leader, il 73enne Turiddo Campaini, che dai tempi della scalata alla bnl si trova in opposizione frontale con i colleghi emiliani.
La svolta avverrà ufficialmente il 25 giugno quando si riunirà l'assemblea di Coopitalia per approvare il bilancio del 2012 ed eleggere il nuovo consiglio di gestione. La settimana scorsa il consiglio di sorveglianza ha convocato l'assemblea straordinaria per il secondo punto all'ordine del giorno. Le dimissioni di Tassinari daranno il via ad un domino di poltrone: il manager indicato per sostituire Tassinari è il reggiano Marco Pedroni, un dirigente di 54 anni che è considerato un «giovane» all'interno della Legacoop. Pedroni attualmente è presidente di Coop Nordest ed è il numero uno di Finsoe, la finanziaria cui fa capo il controllo di Unipol-Fonsai. Un cumulo di incarichi che ne fa uno degli uomini più potenti della Lega e più vicini al numero uno del gruppo assicurativo, Carlo Cimbri.
Coop Nordest, insieme alle altre due coop emiliane (Adriatica e Estense) è il nocciolo duro dell'azionariato di Unifonsai. Pedroni scioglierà ufficialmente la riserva in questi giorni dopo di che si deciderà chi lo sostituirà a capo della coop reggiana. Come vicepresidente di coopitalia dovrebbe essere riconfermata la manager della Legacoop toscana Maura Latini.
L'addio di Tassinari, che è stato uno dei protagonisti della crescita della cooperazione di consumo in Italia ed è stimato da tutti i capitani della grande industria alimentare nazionale e multinazionale con cui ha trattato, è vissuta come un erore da una parte dei dirigenti e anche da molti competitori. Alcuni fanno notare che ridurre le iniziative di coordinamento e marketing di Coopitalia significa rinunciare ad una fetta del margine della gestione extra-caratteristica che per i bilanci di molte imprese e cruciale.
Ma sono mesi che Unicoop firenze, che è il primo gruppo del settore mutuale con 2,4 miliardi di ricavi pone veti alle iniziative unitarie. La divergenza di strategie è arrivata al punto che Unicoop Firenze ha cambiato nome ai suoi supermercati montando l'insegna Coop.fi al posto del marchio rosso Coop, ufficialmente registrato della Lega.
Un altro fronte di discussione si è aperto sugli ipermercati (Ipercoop) quando i toscani hanno deciso di vendere o di ridimensionari gli spazi e i format dei loro punti vendita. Anche sulla gestione delle promozioni e sulla scelta dei fornitori (per esempio la carne) i toscani hanno imboccato sentieri autonomi rispetto agli altri. Avanti così e allo storico scenario di collaborazione solidale si sostituirà un quadro di disgregazione senza prospettive.
In base al compromesso raggiunto in questi giorni Coopitalia per i toscani non sarà più il centro direzionale e strategico, il nucleo della futura maxi-coop, ma tornerà ad essere una semplice centrale acquisti, tutte le altre decisioni torneranno in mano alle singole cooperative e ai loro padri-padroni.
Il malumore è trapelato ufficialmente. «All'interno di Legacoop - si legge nell'editoriale di Paolo Bedeschi, presidente di Coopreno nel mensile Con - sono state definite regole, una delle quali, tra le più importanti è la transgenerazionalità. Significa che la cooperativa non essendo una società privata non viene tramandata agli eredi degli azionisti ma deve essere trasmessa dai dirigenti eletti pro-tempore a dei nuovi dirigenti scelti dai soci. Per regolamentare questi passaggi venne fissato un limite a 65 anni, in alcune cooperative questa regola viene disattesa, alcuni presidenti hanno superato i 70 anni di età ed altri si fanno rieleggere anche se il limite è superato». Il riferimento neanche troppo velato è al 73enne Campaini e al 67enne Mario Zucchelli, numero uno della Coop Estense, ex capo dei discount Dico, ex numero uno di Finsoe, consigliere di Unipol e di Bper. |
Powered by Blogger.