Insegnare non è una missione. Checché ne pensino i predicatori dell’Invalsi, la condizione materiale dei docenti può seriamente condizionare la qualità dell’insegnamento. Lo sostiene implicitamente l’ultimo rapporto Ocse sulla scuola che riconosce i meriti dei docenti italiani - i meno considerati in assoluto e tra i peggio pagati nel mondo cosiddetto “civile” – e rende loro l’onore delle armi.
I dati, infatti, per quel che riguarda la nostra scuola, sono così desolanti, che viene da chiedersi in quali condizioni verserebbe da noi oggi il sistema formativo, se gli insegnanti rendessero in proporzione di quanto ricevono, e con quale animo Carrozza, Rossi Doria e compagnia cantante prendano posto tra i loro colleghi ai convegni internazionali per parlare di valutazione.
Valutare chi e misurare cosa? Sono ormai 15 anni che da noi i numerosi, variopinti e ben pasciuti governi non spendono un centesimo bucato per migliorarla. Negli stessi 15 anni, la spesa annua per studente dei Paesi Ocse si è incrementata mediamente del 62 %. Se non siamo di fronte a una banda di sciuponi matricolati e i soldi, com’è ovvio, li spendono per migliorare, a conti fatti, dovremmo valere 62 punti meno degli altri. Il condizionale è d’obbligo, però, perché non è così, perché 15 anni non sono bastati a distruggere del tutto una scuola che valeva molto più di quanto i suoi governanti sapessero.
Dovremmo, ma non è così, perché qui c’è una classe docente che aveva ed ha ancora un alto livello di professionalità; un patrimonio che non è stato possibile sperperare del tutto nemmeno dopo quindici anni di politiche omicide, tese a far fuori la scuola per ridurre un popolo a docile bestiame votante e rassegnato esercito di giovani e disciplinati soldatini del capitale. Certo, la mediazione al ribasso dei sindacati confederali e l’inevitabile stanchezza della categoria un risultato l’hanno centrato: gli insegnanti, infatti, hanno rinunciato al conflitto e si limitano ormai a difendere la dignità. Errore, grave, limite pesante, ma anche esito fatale di una sconfitta della democrazia che non riguarda solo la scuola, ma la società italiana nel suo insieme.
Non bastasse, c’è un ulteriore elemento di sofferenza: quelli italiani sono gli insegnanti più vecchi dell’area Ocse e anno dopo anno le politiche da rapina per l’occupazione rendono il dato sempre più penalizzante: l’Italia, annota l’Ocse, ha docenti vecchi – e fatalmente stanchi, si potrebbe aggiungere – perché “negli ultimi anni un numero relativamente limitato di giovani è stato assunto nella professione d’insegnante”. Se le astrazioni tipiche dei teorici alla Abravanel facessero i conti con i dati reali e l’esperienza che si fa sul campo, l’interesse per la misura del merito lascerebbe posto a quello per la valutazione del rischio: ancora un po’, infatti, poi, stanchi di tirare la carretta, i docenti manderanno a carte e quarantotto il sistema.
Se finora non è stato così, il merito non è dei signor nessuno che hanno governato la scuola. Se i dati Ocse meritano credito ed è vero che a confronto col 2000 gli “esiti per gli studenti quindicenni nella valutazione PISA 2009 sono risultati stabili nelle competenze di lettura” e rispetto al 2003-2006 “sono migliorati significativamente in matematica e in scienze”, beh, se tutto questo è vero, non ci sono dubbi: è accaduto nonostante la pessima qualità dei ministri, le interferenze di sedicenti esperti, il “delirio tremens” di economisti alla Giavazzi e la macelleria sociale di Berlusconi e Monti, costantemente sostenuti dai tradimenti di Bersani e soci.
Se la nostra classe dirigente avesse ancora un briciolo di dignità, c’è un punto del rapporto Ocse che avrebbe provocato la definitiva rinuncia all’attività politica e le irrevocabili dimissioni di una buona metà dei nostri politici, primo tra tutti Giorgio Napolitano. È il punto nel quale il rapporto Ocse annota secco e senza nulla concedere alla diplomazia: “Grazie alla dedizione del personale della scuola, l’azione di contenimento della spesa non ha nuociuto alla qualità della preparazione degli studenti, che anzi ha mostrato segnali positivi di miglioramento nei test OCSE-PISA”.
Come se nulla fosse accaduto, invece, Carrozza licenzia e Letta, che di scuola non sa e non vuole sapere, torna tronfio e trionfante dall’Europa delle banche e si presenta come l’uomo della Provvidenza. L’ennesimo venditore di tappeti non avverte la gravità dell’ora – gli mancano strumenti culturali e spessore politico – non sente il peso della sofferenza che spinge in piazza la protesta brasiliana e turca e non è in grado di andare oltre le scelte fallimentari imposte ai popoli dalla cieca avidità di classi dirigenti pronte alla guerra di classe.
Bisogna capirlo ora, o sarà tardi: la sola via per uscire davvero dalla crisi è quella che mette in gioco il capitale inestimabile prodotto dalla formazione dei giovani, una risorsa che non costa praticamente nulla, se non il coraggio di anteporre al mercato le infinite risorse della conoscenza. Nulla, solo il coraggio di tornare ad essere umani. di Giuseppe Aragno da Fuoriregistro
Scarica qui la sintesi del rapporto OCSE sull’Italia