Chi sono, 
nella scuola, i “portatori d’interesse”, totem linguistico di modernità? 
Studenti, insegnanti, famiglie, 
collettività. Ebbene, come possono i membri 
dell’attuale maggioranza di governo (Pd compreso) pensare che la proposta di legge 953, che di fatto abroga i decreti delegati del ’74, a favore 
di nuovi organi, possa essere trattata dalla 
VII Commissione Cultura in sede legislativa? Cioè, sottratta alla discussione in Aula e sottoposta 
alla procedura delle norme prive di speciale rilevanza di ordine generale o che 
rivestono particolare urgenza? È 
l’autogoverno della scuola “pura questione tecnica”?
Non può 
essere. Tanto più che il testo 
proviene (come l’attuale Assessore all’Istruzione della Regione di 
Formigoni e Minetti, Valentina Aprea, rivendica continuamente) dall’ex ddl Aprea, emendato della chiamata diretta degli 
insegnanti. Un ddl che il Pd osteggiò con 
veemenza ai tempi dell’Onda, nel 2008, quando il problema era far fuori il prima 
possibile Berlusconi e i suoi. Ora tutto è 
cambiato, tranne l’impianto di quella proposta, che la Santa Alleanza Pd-Pdl ha 
imbalsamato in un contenuto blindato (gli 
aggiustamenti fatti dopo audizioni e emendamenti sono mero restyling), 
con ritocchi che non ne depotenziano i 
pericoli.
Perché la 
democrazia nel governo della scuola è comunque in discussione. Proprio quella che – a pochi giorni da quando la Commissione Cultura della 
Camera licenzierà il testo e lo invierà alla stessa Commissione del Senato, per 
l’approvazione definitiva – l’on. Coscia ha 
evocato: «Abbiamo sconfitto la linea aziendalista che avrebbe voluto il 
centrodestra e affermato la linea del Pd per la scuola democratica,partecipata e 
aperta».
Tutt’altro. I vigenti 
decreti delegati concretizzano una condizione di «equiordinazione» tra organi 
della scuola: il suo governo 
democratico, infatti, implica una 
partecipazione strutturata per linee orizzontali ed è in conflitto con ogni 
visione gerarchizzata e gerarchizzante, incompatibile anche con la libertà di 
insegnamento. Consiglio di Istituto e 
Collegio Docenti hanno compiti e prerogative molto estesi: l’uno funzioni di indirizzo 
politico-amministrativo (obiettivi e programmi da attuare e verifica 
della rispondenza dei risultati di attività amministrativa e gestione agli 
indirizzi impartiti); l’altro competenza esclusiva 
per aspetti pedagogici e didattici.
Tale 
configurazione e tutte le competenze dei due organi hanno bilanciato anche il 
maggior potere conferito ai presidi nel passaggio alla dirigenza 
scolastica. La pdl 953 li sostituisce con 
Consiglio dell’Autonomia e Consiglio dei Docenti, con prerogative 
limitate. Il Consiglio dell’Autonomia 
elaborerà uno “Statuto autonomo”, diverso da scuola a scuola, relativo alla 
gestione dell’istituto, all’organizzazione degli organi interni e al rapporto 
tra le componenti che ne fanno parte. Tali 
materie sono oggi regolate da leggi dello Stato, che hanno garantito opportunità 
e criteri identici sul territorio nazionale. L’adozione di statuti autonomi marcherà, 
viceversa, differenze anche sensibili tra scuola e 
scuola, minando principi che sovrintendono all’unitarietà del sistema scolastico 
nazionale: pericolosa deroga alla tutela da 
parte dello Stato dell’esercizio del diritto allo studio e all’apprendimento da 
parte di tutti gli studenti; nonché a 
quello, costituzionalmente sancito, della libertà di insegnamento 
.
Le scuole, insomma, possono persino darsi 
regole statutarie. Ma tale autonomia comporterà la 
dismissione da parte dello Stato della propria funzione istituzionale, 
l’istruzione uguale per tutti: scuole di 
serie A e serie B, gestite con lungimiranza e rispetto o assediate 
dall’arbitrio, sponsorizzate o abbandonate a se stesse. Cosa sarà del principio di uguaglianza previsto dalla 
Costituzione?
L’organizzazione delle singole scuole assume poi una 
forte caratterizzazione aziendale, con partecipazione al Consiglio 
dell’Autonomia di esterni (che soprattutto 
se erogatori di fondi possono condizionare, in particolari zone, situazioni, 
contesti, la gestione e mettere in discussione principi di democrazia) 
e il rafforzamento – a fronte dell’indebolimento 
degli organi scolastici – del potere del dirigente.
L’art. 8, 
poi, subordina le scuole-aziende autonome (affrancate dallo Stato), a indirizzi e controlli valutativi ministeriali: 
l’Invalsi dipende direttamente dal Ministero, caso raro in Europa. Non è poi previsto un organismo, che – sul modello 
del Consiglio Superiore della Magistratura – garantirebbe reale autonomia ed indipendenza delle 
scuole, tartassate e condizionate dal 
ministro di turno e sottoposte a tanti cambiamenti quanti sono stati i 
governi. Il previsto Consiglio delle 
Autonomie è invece – come l’attuale Cnpi – privo di potere reale e subalterno al ministro, che lo 
presiede.
Il pdl 953 è 
inemendabile. Dispiace condurre una 
battaglia nei confronti di un partito – il Pd – che dovrebbe accogliere la migliore tradizione della 
democrazia scolastica. Prende posizione il 
sindacato. «La Flc Cgil chiede alle forze politiche e al Parlamento di aprire un 
reale confronto sulla riforma degli organi collegiali con le scuole, le forze 
sociali, gli studenti e le istituzioni locali ha detto Mimmo Pantaleo, 
segretario generale Flc Cgil. Non si può 
approvare una legge fondamentale per garantire la partecipazione democratica e 
il funzionamento degli organi di governo dell’autonomia scolastica, nel chiuso 
delle stanze delle commissioni parlamentari. ll 12 ottobre faremo lo 
sciopero e staremo nelle piazze per rivendicare maggiore democrazia e una netta 
opposizione a qualsiasi disegno di privatizzazione della scuola pubblica. Per queste ragioni la riforma degli organi collegiali 
deve essere ulteriormente migliorata con un largo 
consenso».
Powered by Blogger.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
